UN PO’ DI STORIA. Fino alla fine degli anni ’60 un rivolo d’acqua sgorgava ancora da una parete di roccia di contrada Manica: era la fonte di Sant’Opolo. Tra il XII e il XVI secolo nei pressi della fonte sorgeva una piccola chiesa, probabilmente sui resti di un preesistente eremitaggio. Si raggiungeva percorrendo un breve sentiero, a seguire alcuni gradini in pietra portavano alla piccola depressione. La fonte di contrada Bevaceto rappresentava un miracolo della natura nella dorsale che conduceva al Capo di Milazzo. Ha resistito per secoli e la sua esistenza è attestata in numerosi documenti. Ad eccezione di questa al Capo non c’era altra acqua di sorgente e gli abitanti si servivano di quella piovana raccolta nelle cisterne.
Per lungo tempo è stato un luogo caro a molti e specie agli abitanti del Capo di Milazzo; destinazione di passeggiate e gite. Da Sant’Opolo si ammirava il mare di Levante e l’occhio, con la visuale libera dalla vegetazione, spaziava (qualche secolo addietro) fino ai contrafforti dei Peloritani che ospitavano gli abitati di Santa Lucia, San Pier Niceto, Rocca e l’antica Maurojanni (Valdina) fino a Capo Rasocolmo.
La fonte di contrada Bevaceto rappresentava un miracolo della natura nella dorsale che conduceva al Capo di Milazzo
L’antico nome del sito era Sant’Euplio divenuto poi Sant’Opolo nella vulgata popolare. Il culto di Euplio, martire catanese sotto Diocleziano nel IV secolo, fu probabilmente introdotto da monaci provenienti dalla Sicilia orientale dove sin dall’inizio si era diffuso.
Il Padre Cappuccino Francesco Perdichizzi, nato a Milazzo nel 1641 e appartenente ad antica famiglia nel suo “Melazzo Sacro” scritto verso la fine del 1600 così ne riferisce: “… vi fu anticamente la chiesa dedicata a Sant’Eupleo martire diacono catanese, nomato dai milazzesi Apolo… ma ai nostri tempi non ha avuto fortuna di vedersi più in piedi. Fu molto frequentata sia per la devozione al santo, sia ancora per essere luogo delizioso, essendo in un seno o valle fra due promontori con una fonte d’acqua limpidissima che conserva il nome del Santo”.
Sempre ad opera del Perdichizzi vi è un’altra citazione relativa a “… un’altra piccola fonte di buona acqua sorgeva nella riviera di levante, sotto la moderna Chiesa di San Nicolò, in quel luogo detto la reale o scaro dei liparoti”. Lo scaro o cala dei liparoti corrisponde nelle mappe costiere alla piccola baia che precede la Riva Smeralda, rifugio per le barche dei pescatori ma anche posto di occultamento per le veloci lance dei corsari liparoti che predavano feluche e tartane intente a navigare sotto costa.
Pino Privitera
Probabile che la causa sia di qualche terremoto che ha deviato il corso dell’acqua. Anche quì in una localiuta chioamata Jovana c’era un ruscello che per secoli o millenni aveva acuq, ora è asciutto