UN PO’ DI STORIA. Dopo il ricco bottino della prima sortita in Sicilia del Febbraio del 1061 (cfr.” Anno 1061, I Normanni di Ruggero saccheggiavano Milazzo” del 30 Giugno 2024) i normanni si dedicarono ai preparativi per la seconda spedizione, quella che doveva portare alla conquista della Sicilia. Venne scelto il mese di Maggio e il numero dei guerrieri normanni fu, secondo le fonti più accreditate (Malaterra, Rocco Pirri), di circa 300 uomini. Elementi prodi, esperti nelle armi, temerari ed avventurosi che mai si erano preoccupati del numero degli avversari, convinti della necessità della guerra per accrescere la propria ricchezza e potenza.
Anche se vi è incertezza sulla loro reale consistenza tutti gli storici (Amari, Falcando, Lindsay, Tramontana) concordano sul fatto che il loro numero fosse ben poca cosa rispetto alla guarnigione musulmana di Messina. Gli arabi avevano altri piccoli presidi a Rometta, Monforte, Milazzo e Santa Lucia del Mela. Alla partenza di notte dal litorale di Reggio di una sola cosa erano certi: avrebbero trovato ricche e spaziose terre. La Calabria era una terra dura e la spedizione in Sicilia, secondo il cronista Malaterra, consentì a Ruggero di incitarli assicurando che il loro desiderio di terra sarebbe stato soddisfatto: “impossessiamoci delle terre degli infedeli, indegni di possederle, ce le spartiremo e ciascuno avrà quel che gli abbisogna”.
Dalla loro parte avevano una straordinaria capacità di guerreggiare; da anni avevano combattuto ottenendo terre e possedimenti tra Capua, Aversa, Benevento e la Puglia. Erano stati ora al servizio dei bizantini, ora dei rivoltosi che combattevano l’impero bizantino. L’uso della tipica corazza normanna, ottenuta attraverso l’intreccio di centinaia di piccoli anelli metallici e che costituiva una preziosa protezione per il corpo di cavalieri e militi in battaglia, li rendeva invincibili agli occhi dei nemici. Le navi che avevano utilizzato per l’attraversamento dello stretto furono rimandate indietro vuote verso la costa calabrese: nessuna alternativa, vincere o soccombere.
Le piccole guarnigioni arabe di Rometta e Monforte si arresero e anche a Milazzo non vi fu battaglia poiché i funzionari arabi più in vista della città, fuggirono via mare o si arresero
Lo sbarco avvenne in località Tremestieri alla foce del torrente Larderia, là dove il mare si incuneava nell’alveo del torrente offrendo sicurezza e riparo dalla vista dei nemici. Messina venne presa in poco tempo con grande strage di musulmani. La notizia si diffuse rapidamente recata dai contadini attraverso i sentieri che collegavano i piccoli casali dei peloritani ma anche con i segnali del fumo dei fuochi; un metodo antico con cui riuscivano a far conoscere i fatti più importanti. Il panico prese i musulmani. Le piccole guarnigioni arabe di Rometta e Monforte si arresero e anche a Milazzo non vi fu battaglia poiché i funzionari arabi più in vista della città, compreso il Qà’ id (governatore), fuggirono via mare o si arresero. In molti centri le campane delle chiese che si erano salvate dalle distruzioni della conquista araba suonarono a distesa per molte ore rischiando di far saltare i battagli. Si concludeva cosi la dominazione araba su Milazzo iniziata nell’889 (cfr. Piaggia, secondo la Chronicon Siciliae Cantabrigiense).
La rada di Milazzo e la facilità di approdo e di riparo per il naviglio nei decenni della dominazione normanna avrebbero costituito i prodromi per l’importante ruolo che il porto di Milazzo avrebbe avuto in epoca Sveva e Aragonese.
La perdita dei porti di Messina e Milazzo costituì per le milizie musulmane un duro colpo e aprì la strada alla graduale conquista del “Vallo di Milazzo”, termine con cui veniva indicato durante la dominazione araba l’ampio territorio che aveva Milazzo come centro di riferimento per l’amministrazione civile, fiscale e militare. Il porto di Milazzo ospitò da subito le prime imbarcazioni normanne che facevano la spola con la Calabria, trasportando rinforzi, armi, attrezzature per l’assedio, macchine da guerra e le famiglie dei guerrieri normanni con le loro scarne masserizie. Il cronista Malaterra descrive sia il naviglio normanno che quello degli arabi. Chiama quelle normanne “Germundos et Galeas” mentre per quanto riguarda le imbarcazioni degli arabi utilizza i termini “Cattos e Golafros sed et Dromundos e diversae fabricae naves habebant”. Si trattava comunque di navigli che difficilmente superavano i 25-30 metri di lunghezza. Furono queste imbarcazioni ad occupare in breve tempo l’approdo di Milazzo che all’epoca si trovava nel tratto del mare di Levante compreso tra Vaccarella e la Marina Garibaldi fino alla Via C. Colombo. Le operazioni militari per la conquista completa dell’isola sarebbero durate circa 30 anni e si sarebbero concluse nel 1091 con la conquista di Noto. La rada di Milazzo e la facilità di approdo e di riparo per il naviglio nei decenni della dominazione normanna avrebbero costituito i prodromi per l’importante ruolo che il porto di Milazzo avrebbe avuto in epoca Sveva e Aragonese.
Pino Privitera