Chi transita oggi lungo la riviera di ponente diretto verso la baia del Tono non può fare a meno di rivolgere lo sguardo verso l’imponente rocca del Castello. A bordo strada, poco prima della salita Porticella, si notano i resti di un botteghino e di una scalinata: erano l’ingresso alla “eccelsa spelonca del gigante Polifemo”. Fino alla metà degli anni ’70 un solerte custode alle nove del mattino apriva la guardiola della biglietteria. Un cartello bilingue indicava gli orari per l’accesso, differenziati tra stagione invernale ed estiva. La “Grotta” in quegli anni, pur se gestita da un privato, era una delle poche attrazioni di Milazzo poiché l’accesso al Castello era precluso per motivi di sicurezza e di agibilità e per la non chiara ripartizione di competenze tra Comune, Regione e ministeri.
L’immensa spelonca di omerica memoria si offriva ai visitatori con la sua valenza mitologica suscitando curiosità e stupore, all’interno incuteva timore con quell’eco che rilanciava le voci tra le alte pareti e i cunicoli che bucavano la roccia verso ponente e levante. Erano attraversati da frescure d’aria che nella calura estiva offrivano indimenticabile refrigerio naturale.
Dopo l’unità d’Italia la spelonca fu adibita per decenni a ricovero di greggi ed era stata in uso anche a più caprai vista la sua ampiezza
Dopo l’unità d’Italia la spelonca fu adibita per decenni a ricovero di greggi ed era stata in uso anche a più caprai vista la sua ampiezza. Le capre dal Tono, contrada senza strada fino agli anni ’60, (quella esistente si fermava all’altezza della via Porticella), si arrampicavano dalla ‘ngonia fino alla Manica e all’altura di Monte Trino, vagavano pascolando fino al ritorno che avveniva dalla discesa Porticella. Ogni mattina venivano condotte per la mungitura tra le case del Tono, del Borgo e di Vaccarella.
Fu il commerciante messinese Ponzio nel 1955 ad intuire le potenzialità della grotta sottraendola al degrado. La sistemò dotandola dell’acqua potabile, di impianti elettrici, di bagni e adibendola con successo dapprima a sala di ricevimenti e a partire dagli anni ‘60 a sala da ballo e night-club. I locali da intrattenimento musicale in provincia erano una rarità.
Ponzio era molto conosciuto a Messina e in breve tempo la Grotta del Ciclope Polifemo (raffigurato nel murale di cui ancora oggi rimane qualche traccia) con la sua pista da ballo e il palco per le piccole orchestrine divenne famosa in tutta la Sicilia. Ponzio aveva stipulato un contratto d’affitto con la proprietaria Antonina Pantè che ancor giovane l’aveva avuta donata dal nonno paterno. I Pantè erano una antica famiglia di possidenti che aveva vissuto per lungo tempo nel lusso e nell’agiatezza. A Vaccarella nei primi decenni del ‘900 abitavano un grande fabbricato, avevano terreni in località Torretta, a Cattafi, a Merì e a Novara di Sicilia. Qualcuno in famiglia aveva il vizio del gioco e fu la fine di tutto. Si ridussero sul lastrico e Antonina Pantè accettò di buon grado la richiesta d’affitto. Dopo i primi anni i rapporti divennero pessimi e quando l’attività del ritrovo “Grotta di Polifemo” cessò sul finire degli anni ’70 era già in corso un contenzioso protrattosi per oltre 30 anni e conclusosi in Cassazione circa vent’anni anni fa. Il Ponzio nel giudizio reclamava addirittura il riconoscimento della proprietà ma la sentenza della suprema corte riconobbe le ragioni della Pantè.
Nel 1987 l’imprenditore Ponzio tentò di cedere la Grotta al Comune di Milazzo ma la proposta di deliberazione venne ritirata per la ferma opposizione dell’allora Assessore Stefano Doddo
Nel 1987 Ponzio, pendente il giudizio, tentò addirittura di cedere la Grotta al Comune di Milazzo ma la proposta di deliberazione venne ritirata per la ferma opposizione dell’allora Assessore Stefano Doddo che sollevò pesanti dubbi sulla effettiva titolarità del bene. Negli anni recenti la proprietà della Grotta è passata in capo ad altri imprenditori che invano hanno tentato di riportarla agli antichi splendori. Insormontabili, pur in presenza di dettagliate ipotesi di recupero, si sono rivelate le difficoltà per acquisire i necessari pareri da parte dei numerosi enti chiamati a renderli. Sono scomparse le tracce della vecchia segnaletica e, persistendo l’impossibilità dell’accesso e lo stato di abbandono che ormai si accinge a varcare il mezzo secolo, si sbiadisce e rischia di cancellarsi del tutto anche il ricordo della famosa sala (foto interni e resti affresco di Polifemo).
Le vecchie foto dei ricevimenti “mitologici” di quegli anni ritraggono sposi e invitati sotto lo sguardo inquietante di Polifemo con la nave di Ulisse in fuga da Troia scossa dalla tempesta. Il tempo cancellerà quanto prima anche le ultime testimonianze di quelle generazioni che nell’eccelsa spelonca omerica mossero i primi passi di danza (foto nozze Celi-De Gaetano ‘anni 60).
Tuttavia il mito che tramite il racconto omerico collega la spelonca di Milazzo al peregrinare di Ulisse, ai giganti, a Polifemo è destinato non solo a resistere ma a perdurare nei secoli considerata l’imperitura fama del suo autore. Il crescente delinearsi di un flusso di vacanzieri che si consolida ogni anno e che vede nel Castello di Milazzo il punto di riferimento storico-culturale della città, non può prescindere dal recupero della Grotta, da considerare come parte da integrare nello stesso complesso monumentale. A prescindere da ogni ipotesi di destinazione, la Grotta di Polifemo non può che accrescere le potenzialità della cittadella fortificata, rendendo il poliedrico contenitore storico un unicum anche sotto il profilo del richiamo mitologico. Le ipotesi privatistiche di recupero e fruizione del bene attese da decenni sembrano del tutto svanite ed è pertanto auspicabile l’intervento pubblico affinchè il complesso monumentale del Castello possa aumentare la propria forza attrattiva nella rara combinazione tra storia e mito. Il recupero della Grotta porrebbe Milazzo al centro della contesa tra le località che rivendicano la paternità della “eccelsa spelonca”, un richiamo che ha attraversato i secoli e che non si arresterà mai (cfr. Milazzo,la Grotta Polifemo e la contesa sulla “culla di Omero” su Milazzo24.it del 4 Agosto).
Pino Privitera
Peccato averla fatta perdere in un abbandono totale, il comune invece di spendere i soldi i scale mobili e altre cose inutili, veda di fare rivivere questa opera della natura,
Veramente tutt’ora è di proprietà di un privato da poco deceduto quindi in eredità ha figli e moglie
Ho redatto anni fa un progetto di consolidamento e messa in sicurezza delle vie di fuga per conto del proprietario poi autorizzato dal genio civile di Messina per il parere sismico forse non sono stati concessi gli altri pareri Ssbbccaa igienico/sanitario?
La riapertura di detto locale darebbe una maggiore spinta al turismo di Milazzo rendendo la cittadina una delle località di maggiore interesse storico culturale unitamente al castello che oggi è una delle strutture maggiormente visitate.