UN PO’ DI STORIA. Scriveva nel 1634 il Canonico Antonino Mongitore a proposito della Sicilia “…che non v’ha penna applicata a scrivere che non celebri le sue ammirabilissime doti, avendola arricchita la natura con prodiga mano di quanto è necessario all’umano e commodo mantenimento…”.
Aggiungeva ancora nella stessa opera “Della Sicilia ricercata“ (pubblicata nel 1742, ma completa già nel 1634), a proposito delle fonti di Milazzo che “versano in maggiore abbondanza d’acqua nel verno, a cagione delle pioggie, da’ quali ricevono notabile accrescimento; nell’està poi sono più scarsi, anzi alcuni all’intutto si seccano”. Esprimeva ancora meraviglia perché “al contrario alcuni fonti si mostran maravigliosi, perché abbondanti nell’està, scarsi e talvolta secchi nel verno”, fenomeno insolito che lo stesso autore annovera tra quelli già descritti nell’antichità da Plinio e da altri tra cui il domenicano Fazello (De Rebus Siculis, 1558).
Quest’ultimo scrisse che presso la Chiesa dedicata a “S.Maria del Buschetto“ (in zona Parco Vecchio) un pozzo d’estate abbondava di acque, quando tutti gli altri erano secchi. Precisò Filippo d’Amico nei “Riflessi istorici di Milazzo” (1700) che la situazione descritta dal Fazello non riguardava solo il pozzo del “Parco Vecchio” ma tutta la piana al punto che “i Padri carmelitani e li Padri Minimi ne’ loro poderi con la forza dell’acqua, che scaturisce ne’ medesimi luoghi nel tempo estivo, fan fatigare due molini, e l’inverno cessano di fatigare”.
Una delle peculiarità del territorio di Milazzo fu la ricchezza d’acqua, un presupposto che nei secoli ne favorì ricchezza e sviluppo
Una delle peculiarità del territorio di Milazzo fu quindi la ricchezza d’acqua, un presupposto che nei secoli ne favorì ricchezza e sviluppo. Seguendo la ricostruzione planimetrica realizzata da Carmelo Fulco, impreziosita dal sapiente utilizzo dell’antica tecnica pittorica dell’acquerello, esamineremo le fonti d’acqua presenti nei secoli passati nel territorio di Milazzo. Di esse abbiamo memoria grazie agli scritti degli storici, a documenti e cartografia.
Partendo dal Capo la prima è quella dello “Scaro o cala dei liparoti”. Con il termine “scaro o scaru” (dal greco έsχάριον) si intendeva nel gergo dei marinai una base dove poter effettuare l’alaggio e il varo di barche; quella così denominata costituì un sicuro punto di ancoraggio e di messa a terra per le piccole imbarcazioni che facevano la spola tra le Eolie e Milazzo. “Piccoli legni” che in assenza di vento andavano “a remo” e i cui equipaggi dopo ore e ore stremati dalla fatica prendevano terra al capo scegliendo l’unico posto dove l’acqua potabile arrivava fin quasi sulla battigia. Il punto di raccolta dell’acqua, proveniente secondo il Perdichizzi dalla fonte esistente anticamente nei pressi della soprastante Chiesa di San Nicolò (oggi non più visibile), è stato miracolosamente preservato(foto all. 2). Lo “scaro dei liparoti “ è spesso riportato dai cartografi dei secoli XVI, XVII e XVIII e figura in alcuni “portolani” utilizzati dai capitani e dai piloti del Regno di Sicilia.
A ponente, nella zona del Tono, erano presenti due antiche fonti: la prima detta “a Funtanedda”si trovava leggermente a monte della attuale Chiesetta del Tono, la seconda era situata proprio nei pressi di questa (entrambe sono riportate nella planimetria acquerellata di Carmelo Fulco, all.3). Di questa e di altri pozzi esistenti riferisce sempre il Perdichizzi nel “Melazzo Sacro”, databile intorno al 1698, che la definisce “fonte di perfettissima acqua”. Della sorgente di S.Opolo o S.Euplio si è scritto in precedenza (cfr. articolo del 14 Aprile) e in allegato è possibile osservare sezione e ubicazione della fonte(all.4). Nei due conventi di San Francesco e San Papino, la cui fondazione di fa risalire rispettivamente al 1464 e al 1618 su preesistenze di epoca bizantina e aragonese, erano presenti pozzi poiché l’acqua veniva ritenuta da sempre una pre-condizione per il sorgere delle strutture religiose di natura conventuale. Inoltre la presenza dell’acqua era garanzia di un forte legame che si creava tra la popolazione che viveva nei pressi e i religiosi.
Il”Pozzo di Troia o Pozzo Maggiore” è stato per secoli la maggior fonte di approvvigionamento d’acqua per la città. Secondo il Padre Perdichizzi era detto così “… perché scavato dai troiani se diamo credenza al Catanzaro che lo riferisce”. Il Micale, autore dello Stradario Storico della Città di Milazzo, lo posiziona alle spalle della Chiesa della Madonna di Porto Salvo o del Porto (dietro la Farmacia Alioto) tra la Via del Sole e la Via E.Cosenz. Prima del ricolmamento del Piano Baele (iniziato verso la fine del 1700) era vicinissimo al mare e comodo per le imbarcazioni che vi si rifornivano d’acqua. La “Fonte del Carmine” alimentava l’imponente struttura conventuale dei Padri Carmelitani risalente al 1570 dove “ancora nel 1870 erano presenti 15 religiosi che furono cacciati dal convento e privati delle loro proprietà, passate al comune dopo la legge di soppressione degli ordini religiosi” (Il Carmelo Siciliano nella storia, Messina, 1979). Della fonte di S.Maria del Buschetto al Parco Vecchio abbiamo detto nelle premesse. Rimangono le grandi fonti dell’agro quella di San Benedetto e quelle della contrada Masseria. La prima fonte detta di San Benedetto sorgeva di fronte alla Chiesa di San Basilio (“tanto antica e vicino al fiume Mela, Fazello, 1558); narra il Padre Perdichizzi che “…mancando tutti li pozzi di questa contrada … è abbondante d’ottima acqua”. Della contrada Masseria, della sua ricchezza d’acqua capace di alimentare anche mulini ho riferito a proposito delle contrade legate alla produzione della seta in data 12 Maggio 2024.
Pino Privitera
…e poi venne la Raffineria e l’Enel che captando tutte le sorgenti, con i loro pozzi, hanno asciugato quest’acqua meravigliosa che arricchiva Milazzo…
Bravo Pino, è sempre un piacere leggere la descrizione di una Milazzo che non c’è più e scoprire, grazie anche al frutto delle tue pazienti ricerche e al garbo della tua scrittura, aspetti non sempre noti della nostra storia cittadina. Grazie anche, per la sua passione e competenza, a Carmelo Fulco.