UN PO’ DI STORIA. Giovanni Pascoli parlando del mare Mediterraneo scriveva: “questo è un luogo sacro dove le onde greche vengono a cercare le latine”. Un riferimento che dal mare si trasfigura nella storia e nelle civiltà di cui il Mediterraneo è stata culla. La storia di Milazzo è stata ancorata al mare sin dalle epoche più remote, congiunta alla sua rada naturale e al suo fertile territorio. I coloni greci calcidesi non paghi di Messina (Zancle) che avevano fondato tra il VII e l’VIII secolo A.C., alla ricerca di terre meno aspre e pianeggianti, superato il capo Rasocolmo che dista 10 miglia dal Peloro, rimasero incantati alla vista di quella sottile striscia di terra protesa sul mare che interrompe la linea di costa. Ne rimasero sì colpiti da decidere di fondarvi una nuova colonia.
L’antica e millenaria considerazione di Milazzo derivò dalla posizione, dall’istmo che la proteggeva e dai prodotti della terra: l’uva, il grano, l’olio. Milazzo si è sempre ripresa dai periodi di decadenza, dalle crisi economiche, dalle carestie, dalle pestilenze. In assenza delle difese che sarebbero state apprestate nei secoli successivi quel promontorio proteso sull’acqua e quella roccia che lo connotava nella prima parte, rappresentarono sin dalle origini la prima garanzia di sopravvivenza. Il grecismo del primo toponimo Ϻυλάς, poi evoluto in Μυλαί (gran rocca), corretto in Milα̅s da Edrisi, poi evoluto in Mulas sta a confermare l’origine greca. Col passare dei secoli e delle dominazioni, con la nascita del primo nucleo urbano sviluppatosi sulla odierna rocca del castello, fu il porto naturale a segnarne le alterne vicende.
Dalla rocca si poteva controllare il ponente e il levante. Per oltre duemila anni nessuna opera venne mai realizzata per modificare l’assetto naturale della rada di levante. Per i primi ricolmamenti che modificarono l’andamento della linea di costa nei pressi del Palazzo Municipale bisognerà attendere gli ultimi decenni del Settecento. Ma quanto era grande anticamente il porto di Milazzo, ad esempio dopo la conquista normanna e cioè alla fine del XII secolo? Quante imbarcazioni, delle tipologie che all’epoca solcavano i mari, poteva ospitare? Qual’era il ruolo e l’importanza che aveva nei traffici commerciali di quei secoli? Alcune risposte sono possibili e saranno fornite, per esigenze di spazio, anche in successivi scritti.
Scrisse il Fazello nella sua STORIA DI SICILIA (1558) che “nella piegatura del suo lido, da man destra è il porto, ed il castel di Mile, secondo Strabone, Tolomeo, Plinio e Ovidio, oggi detto Milazzo…e al mio tempo è una delle principali fortezze di Sicilia che sieno in su ‘l mare, ed è forte non meno per artificio umano, che per sito naturale… il porto in oltre è bellissimo e capace di molti legni…”. Il porto non fu solo sinonimo di prosperità, delizia e benessere, fu anche causa e occasione di razzie, incursioni e devastazioni.
Uno dei primi saccheggi di Milazzo di cui abbiamo notizie fu quello operato negli ultimi giorni di Febbraio del 1061 dai normanni guidati da Ruggero d’Altavilla ,
Uno dei primi saccheggi di Milazzo di cui abbiamo notizie fu quello operato negli ultimi giorni di Febbraio del 1061 dai normanni guidati da Ruggero d’Altavilla , dopo essere sbarcati a Messina per la prima volta. Ne riferisce il monaco benedettino di origine normanna Gaufredo Malaterra, contemporaneo di Ruggero. Malaterra è autore di una delle principali cronache sulle imprese normanne con particolare riferimento alla conquista della Sicilia. Così nella cronaca il Malaterra descrive il giovane Ruggero, figlio di Tancredi e fratello di Roberto il Guiscardo, di soli 26 anni: “iuvenis pulcherrimus, eleganti corpore, lingua facundissimus, consilio callidus…viribus fortis, militia ferox (giovane bellissimo, dal corpo elegante, eloquentissimo nel parlare, astuto nei consigli, forte di risorse, valoroso in guerra)”. Le informazioni sulla ricca Milazzo erano state fornite dal profugo arabo Ibn Thimna, un emiro che, sconfitto in battaglia da un altro capo arabo, correva l’anno 1061 e i normanni di ruggero saccheggiavano rometta e milazzosi era rifugiato a Reggio e che conosceva bene sia Ramectam che Melacium.
Furono predati i beni delle case, ma anche i viveri (grano e pesce salato) che già venivano depositati nella zona dell’approdo delle imbarcazioni (Vaccarella).
Tra le mire di Ruggero, evitata Messina, vi fu subito quella di saccheggiare Milazzo e il suo territorio che l’esule arabo aveva descritto come terra fertilissima ricca d’ogni bene. Le terre di Calabria negli anni 1058-1059 erano state colpite da una grave carestia, una situazione che aveva costretto i normanni a razziare quel poco che avevano i contadini della zona compresa tra Mileto e Reggio. Riferisce il Malaterra, ma anche lo storico inglese Lindsay, che appena sbarcati a Messina i normanni, circa 160 guerrieri, si diressero lungo la costa attraverso la via Consolare Valeria; evitarono lo scontro con la guarnigione di Messina marciando verso Rometta. La città, posta com’era sulla rocca, apparve imprendibile e si limitarono a saccheggiarne il territorio circostante; ma evidentemente il bottino fu magro. Si diressero quindi verso Milazzo. Furono predati i beni delle case, ma anche i viveri (grano e pesce salato) che già venivano depositati nella zona dell’approdo delle imbarcazioni (Vaccarella). Sulla via del ritorno vennero derubate le case dei contadini dell’agro di Melacium che il rinnegato arabo Ibn Thimna aveva descritto con dovizia di particolari. Probabilmente la zona più colpita fu l’area della contrada Masseria, fertilissima, ricca d’acqua, dove, avendo come riferimento l’edificio bizantino della Cuba, aveva resistito un consistente nucleo di popolazione contadina di lingua greca. Tutto venne caricato sulle navi ferme a Messina, anche animali vivi, e trasferito a Reggio.
Sarebbero tornati da lì a qualche mese (maggio 1061) giusto il tempo di organizzare la grande spedizione che nell’arco di 30 anni li avrebbe portati alla conquista di tutta la Sicilia e avrebbe fatto di Ruggero il primo Gran Conte di Sicilia. Quello che aveva eccitato la loro immaginazione era stata anche la facilità con la quale avevano evitato di scontrarsi con la guarnigione musulmana presente a Messina e la rapidità con la quale avevano conquistato le fertili campagne di Rometta e Milazzo, i due maggiori centri urbani di quei tempi.
Pino Privitera