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lunedì, 16 Settembre 2024

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Un fossato per trasformare Capo Milazzo in un’isola. Il sogno di Federico III di Sicilia

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UN PO’ DI STORIA. Realizzare i sogni  è  quasi sempre difficile se non impossibile. Nel caso di Milazzo a trasformare il sogno in realtà ci provò anche un re, molti secoli addietro. Il giovane FEDERICO III non aveva ancora compiuto 10 anni allorchè venne portato in Sicilia dal padre Pietro III d’Aragona e qui rimase.

A chi è venuto in mente di  scavare  un fossato  nella parte più stretta di Milazzo per trasformare il promontorio in un’isola? Non è un interrogativo banale, né una ipotesi suggestiva, anche se in certe vicende  spesso  i contorni della leggenda prevalgono su quelli della storia  poiché le fonti  nel corso dei secoli  sono andate perdute. I lavori per il taglio dell’istmo  vennero progettati e avviati  ad opera di FEDERICO III, Re di Sicilia dal 1296 al 1337.  Per questo suo esperimento,  ma non solo per questo, il nome di questo sovrano  rimane legato alla  storia dell’isola e  a quella di Milazzo. Di chi si tratta si chiederanno in molti.  

Molte decisioni di Federico III ebbero ripercussioni e conseguenze su Milazzo. Si occupò più volte dei commerci  del porto, specie di quelli delle granaglie che erano di vitale importanza per il Regno, e delle opere di difesa della cittadella.

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Federico III (secondo alcuni storici Federico II)  nacque nel  1272 da Pietro III d’Aragona e da Costanza, figlia di Manfredi d’Altavilla. Il suo carattere e il suo agire vennero fortemente influenzati dalla  discendenza da Ruggero, il fondatore del  regno normanno,  e da quella sveva in ragione del bisnonno l’imperatore Federico  II. Rimase  in Sicilia, la terra che lo aveva cresciuto,  fino alla morte avvenuta nel 1337 mentre si trovava nel castello di Paternò diretto a Catania.  Regnò sulla Sicilia per 40 anni riprendendo le guerre del Vespro e conservando l’autonomia dell’isola  contro le pretese degli Angioini. Molte sue decisioni ebbero ripercussioni e conseguenze su Milazzo. Si occupò più volte dei commerci  del porto, specie di quelli delle granaglie che erano di vitale importanza per il Regno, e delle opere di difesa della cittadella.

Si oppose per tutta la vita al ritorno degli angioini guidando personalmente sia l’esercito siciliano sia la flotta che si scontrò con le galee francesi. Legò il suo nome al progetto di tagliare la penisola nel punto più stretto, da Levante a Ponente, in corrispondenza dell’asse via  Cristoforo Colombo-San Papino.  

Ricostruzione grafica curata da Carmelo Fulco  

Un’opera ardita che il re concepì  purtroppo  nell’ultima fase del suo regno  non solo per favorire i traffici mercantili ma soprattutto per rendere inespugnabile la piazzaforte di Milazzo dotandola di un approdo sicuro e protetto raggiungibile anche da  ponente evitando la circumnavigazione del promontorio.  Un “taglio” di circa 700  metri a fronte di un indiscutibile vantaggio per la sicurezza della città.  L’opera ancorchè avviata rimase incompiuta. Non sappiamo se tra i motivi della decisione vi fu la conoscenza della famosa bolla di Papa Alessandro III al cui riguardo il cappuccino Francesco Perdichizzi,  nel “Melazzo Sacro”, stampato nel 1698,  a proposito della Chiesa di San Teodoro (oggi non più esistente)  che sorgeva al capo dopo quella di S. Euplio (Sant’Opolo), riportava:  “…Papa Alessandro III in una bolla data in Anagni sotto il 20 Agosto 1175 conforma allo Archimandrita del Santo Salvatore tutte le prerogative e giurisdizioni, concessagli dal Re Roggero, e si nomina in detta bolla per giurisdizione dell’Archimandrita la Chiesa di San Teodoro nell’isola di Milazzo, a voler dire penisola, se pure in quel tempo non era isola”.  

secondo Tommaso Fazello, al tempo della ricognizione (1550 circa)  dallo stesso effettuata a Milazzo, erano ancora visibili le “larghissime fosse e il muro di smisurata grandezza ..ed era espresso il nome di Federico II autore…”.

Molti autori hanno riferito sul “taglio”,  primo tra tutti Tommaso Fazello nella Storia di Sicilia (pubblicata nel 1558) che così riferisce a proposito  “Dell’antichissimo Castel di Milae”: “Vien di poi il promontorio, o vero capo di Mile … e da certi altri è chiamato Chersoneso, per allungarsi egli tre miglia in mare,  a guisa di penisola, il qual Chersoneso Federigo Secondo volse già ridurre in forma di una isola, come ne posson far manifesta fede le grandissime, e larghissime fosse, ed il muro di smisurata grossezza, e parecchie canne lungo, fatto per fortezza di quell’isola, che si aveva a tagliare, benchè l’opera restasse imperfetta, e lo ci manifesta ancora il nome quivi espresso di Federico Secondo, autore di questa impresa”.  Quindi secondo Fazello, al tempo della ricognizione (1550 circa)  dallo stesso effettuata a Milazzo  durante la redazione dell’opera, erano ancora visibili le “larghissime fosse e il muro di smisurata grandezza ..ed era espresso il nome di Federico II autore…”.

L’asse viario della via C.Colombo negli anni ’30 tra il Villino Greco e Villa Vaccarino

Nelle Memorie della Città di Milazzo(1696) cosi Francesco Napoli: “prima che venghiamo all’ordine della città non sarà fuor di proposito accennare alcune cose pertinenti alla materia della Penisola. Credono alcuni che questa  penisola sia stata anticamente isola, e che forse essendo stato breve il vacuo tra la terra ferma e l’isola, l’’avesse riempito il mare con le sue arene a poco a poco , ed in lungo corso d’anni si fosse unita. Fraditanto abbiamo d’antichissimi scrittori che Milazzo era Penisola”.

L’ultimo e più  recente riferimento storico al “grandioso per quanto ammirevole ed utile progetto di tagliare l’istmo che unisce questa piazza alla terraferma” è del 1848

L’ultimo e più  recente riferimento storico al “grandioso per quanto ammirevole ed utile progetto di tagliare l’istmo che unisce questa piazza alla terraferma” è del 1848, contenuto nella Memoria Politica e Militare sulla Piazza di Milazzo redatta dal cittadino  Stefano Zirilli, edita in Palermo nel 1848 ed inviata all’attenzione del  Presidente del Governo del Regno di Sicilia D. Ruggiero Settimo. Nella memoria Zirilli accenna al disegno del Sovrano  “ed ai lavori intrapresi, che tutt’ora esistono mezzo cancellati dalle ingiurie del tempo  e del mare, e compito lo avrebbe se colpito dalla morte, non fossero stati quei lavori sospesi e quindi totalmente dimenticati”. In prosieguo Zirilli afferma ancora che “la stessa idea fu riprodotta dagli inglesi nel corso della loro dimora in Sicilia, e di certo avrebbe sortito il suo  pieno effetto se più lungo fosse stato il loro soggiorno sull’isola…”. Nell’appendice allegata alla  stessa memoria si da conto che  nel punto più  stretto  “ la larghezza dell’istmo è di 400 tese appena” (unità di misura di lunghezza in uso prima del sistema metrico decimale), circa 750 metri.  Se i lavori fossero iniziati alcuni anni prima e se la morte improvvisa non avesse colto il sovrano,  oggi Milazzo avrebbe avuto il canale FEDERICO III, un differente  rapporto tra mare e  terra, una conformazione diversa …  ognuno può immaginarla  come meglio crede.  

Pino Privitera

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