UN PO’ DI STORIA. Alla fine dell’800 Milazzo aveva in attività parecchi fabbri. Le “forgie”, le botteghe dei “firrari”, erano sparse in tutti quartieri e anche nelle frazioni della piana di Milazzo. Si fabbricavano zappe, zapponi, falci, accette, mazze, aratri, martelli, picconi, pale, scarpeddi, palanchini, ceppi, catene, trispiti da letto, ringhiere, cancelli, ferri per cavalli e altri animali da tiro. Addirittura per preservare la dura suola di cuoio delle prime scarpe, questa veniva protetta con un tipo di chiodo detto “taccia”.
Quella del fabbro era un’attività faticosa, che richiedeva anche energia e prestanza fisica. Era anche un’attività redditizia e nel corso dei primi decenni del Novecento molti che originariamente erano titolari della fucina trasformarono la loro attività nei primi negozi di ferramenta. I prodotti che uscivano dalla bottega del fabbro erano attrezzi insostituibili per molti lavori, specie per molte attività connesse al lavoro nei campi.
Anche i chiodi venivano fatti a mano; erano lavorazioni difficili e non tutti i fabbri li producevano. I più apprezzati e conosciuti fabbricanti a Milazzo erano Francesco Castiglia, Rosario Di Pietro, Filippo Neri Lombardo e i fratelli Lombardo. La bottega di questi ultimi, però, per diverse generazioni e ancora fino agli anni ’80 la loro “forgia” fu attiva nella Via Umberto I°. Era un antro buio, con due aperture sulla strada, le pareti erano completamente annerite dal fumo e soffermandosi per qualche minuto sul marciapiede poteva capitare di sentire “mazziare” il ferro incandescente o di assistere alla sua presa con la “pinsa” o con la “tinagghia a sgurbia”, attrezzi che servivano per maneggiare e trattenere il ferro che poi veniva lavorato a caldo per assumere determinate forme.
Alla fine dell’800 a Milazzo anche i chiodi venivano fatti a mano; erano lavorazioni difficilI e non tutti i fabbri li producevano
Il chiodo in ferro ha avuto da sempre grande importanza nella costruzione dei fabbricati e delle imbarcazioni. Nella costruzione delle case venivano utilizzati per fissare gli stipiti di porte e finestre e quindi ancorare le rispettive architravi. Nelle coperture i chiodi, che raggiungevano anche i 30 cm., bloccavano travi e arcarecci rendendo stabili e omogenee le coperture dei tetti. Per alcune attività particolari venivano prodotti dal fabbro su ordinazione e potevano avere diverse misure. Non era raro il caso di grosse chiodature che recassero segni particolari e marchi in grado di far risalire alla committenza.
Le grandi imbarcazioni delle tonnare necessitavano dell’uso di molti chiodi sia durante la costruzione dello scafo che per gli interventi di manutenzione. La forgia o fucina era il cuore della bottega del fabbro; alimentata dal carbone e dal mantice rendeva il ferro incandescente in maniera da poterlo plasmare alle varie esigenze a colpi di mazza e di martello. Il chiodo era uno dei prodotti più ricercati e veniva adattato per lunghezza, testa e diametro alle varie esigenze. I chiodi nella foto provengono da una “casa terrana” della Marchesa Vincenza D’Amico sita al Borgo di Milazzo e realizzata all’incirca tra il 1865 e il 1880.
Pino Privitera
Anch’io ho un quadro con attaccati questi chiodi . Me li ha regalati l’ing. Mauro Marione, che è stato l’ultimo direttore della metallurgica di Milazzo. Era così attratto da questi chiodi che andava nelle discariche a cercarli