Si chiama “Corallium” la personale fotografica di luoghi abbandonati, di Andrea Cherico prevista a Palazzo d’Amico dal 6 luglio al 14 settembre. «“Corallium” nasce da una delle mie ultime esplorazioni – spiega il bergamasco Andrea Cherico – mentre cammino tra sfarzose mura affrescate, deteriorate dal tempo, lentamente in me nasce la sensazione d’immergermi negli oceani, di perdermi in loro e di esplorarne i tesori nascosti nel silenzio che rimbomba tra le profondità marine. I colori brillanti della storia e la decadenza di un tempo che non ci appartiene più mi accompagnano sempre durante l’esplorazione».
I Coralli sono considerati i gioielli dei mari, con le loro tonalità sgargianti e vive, nascosti e protetti dall’oscurità degli abissi. Ricercati e bramati dagli uomini. Così come i coralli custoditi dal mare, sono tesori nascosti anche gli edifici in disuso ormai logori e consumati dagli anni; tesori preziosi da scoprire e rispettare in quanto tali.
Da tale paragone, partito dal mare e giunto alla terraferma, inizia la personale ricerca di Cherico di questi “coralli di terra”; strutture abbandonate dagli uomini e riconquistate dalla natura.
Patrimoni coperti da mari di rovi, con mura fatiscenti su cui rigogliosa si arrampica l’edera abbracciando il cemento ormai morto, ricordo dell’uomo.
Coralli di rara bellezza, sotto gli occhi di molti ma visti solamente da pochi – catturati nell’eternità di uno scatto.
Ed è proprio su questo percorso strutturato per la mostra “Corallium”, composta da 20 foto, ognuna delle quali identificata dal nome e dal colore di un corallo… Per concludersi nell’eternità di un corallo ormai bianco, non più mutevole ma immutato e immutabile.
«Con le opere esposte – conclude Andrea Cherico – invito il pubblico a riflettere e soffermarsi una volta in più sul tema del cambiamento climatico e dell’impatto invadente dell’uomo sulla natura – e di come l’innalzamento delle temperature negli oceani lentamente sta portando allo spopolamento delle barriere coralline, distruggendo queste meraviglie marine».