UN PO’ DI STORIA. Sono trascorsi parecchi anni dall’attracco dell’ultima nave che ha scaricato i “blumi” per il laminatoio di Giammoro; navi che qualche volta ripartivano con le travi HE prodotte. Da quasi trent’anni si è concluso l’arrivo del grano per i Molini Lo Presti, ancora più lontana (1980) è la data di arrivo dell’ultima nave con la “pozzolana” per la cementeria di Villafranca Tirrena, sostituita con la “loppa” fino alla chiusura dell’impianto (1995). Solo il vecchio edificio della Compagnia Portuale “G.Garibaldi” posto quasi alla fine del molo Marullo rimane a testimonianza del glorioso passato. In quel luogo di buon mattino il “Console” procedeva alla chiamata dei lavoratori necessari per lo svolgimento delle operazioni di carico e scarico, prima “i permanenti e poi gli avventizi”.
La storia dei lavoratori del porto di Milazzo è durata oltre un secolo se si considera che già nel primo anno dell’unità d’Italia (1861) il porto “registrò l’approdo di 1157 bastimenti, cifra che se è inferiore agli approdi di Palermo, Messina e Trapani, supera quelli di Siracusa, Girgenti e Augusta…” (relazione Zirilli allegata alla delibera del Consiglio Comunale di Milazzo del 30 Novembre 1861). Un movimento intenso e continuo nonostante fosse stato realizzato solo il primo tratto del molo Marullo. Allora i bastimenti, in assenza di banchine, operavano in affiancamento al molo e le merci venivano caricate e scaricate dalle stive attraverso robuste passerelle percorse dalle carovane di lavoratori portuali. Sempre di quel periodo (anno 1864) è l’avvio del servizio di pilotaggio con una modesta dotazione di mezzi. Un anno di grande crescita del lavoro portuale fu il 1882, anno in cui a Milazzo l’industria per la macinazione dei grani e per la produzione della pasta fece grandi progressi con i primi macchinari a vapore che potenziarono la capacità produttiva degli stabilimenti. I bollettini sulle notizie commerciali relative al porto di Milazzo per il 1882 rilevano l’apporto dato al movimento del porto dalla ”fabbrica dei signori De Col e compagni per la preparazione in conserva di sostanze alimentari e quella del sig. Francesco Maisano per la preparazione delle sardine sott’olio all’uso di Nantes”.
Il periodo di massimo splendore dei traffici del porto di Milazzo fu quello del triennio 1886-1888 con 2849 arrivi in totale suddivisi tra 1960 bastimenti a vela e 889 piroscafi. Nonostante la mancanza della ferrovia, completata solo nel 1895, il commercio marittimo era assai attivo specie con i porti inglesi e del Nord America per il carbone, con Marsiglia per gli olii estratti per la fabbricazione dei saponi (Bonaccorsi e Lucifero) , con i porti di Odessa e Taganrog (Mar d’Azov) da dove proveniva il grano duro, con Trieste e con altri porti per l’esportazione di agrumi e di essenze. Nel 1889 la banchina esistente (circa 350 mt.) aveva una profondità oscillante tra i 5 e i 7 metri ed erano in corso i ”lavori per il prolungamento per circa 110 metri e di escavazione che avrebbero reso praticabili le altre banchine esistenti”. Il molo Marullo ogni giorno era affollato da centinaia tra facchini, misuratori, legatori, scaricanti, barcaioli, stivatori, e poi carretti e carramatti che spostavano specie i grani verso i molini o trasportavano le botti piene di vino, olio, conserve in salamoia sotto bordo per essere caricate sulle navi. Il molino a vapore Perseverante giganteggiava per altezza tra tutti gli opifici che prospettavano tra la via XX Luglio e il mare. Addirittura Pietro e Francesco Siragusa, proprietari del molino furono armatori di un brigantino sempre a nome Perseverante che (1891) “faceva la spola con i porti del levante e ritirava seimila tonnellate l’anno di grano…” .
L’altro molino a vapore era denominato La Famiglia della ditta Piraino e Lo Presti mentre Caruso & C. conducevano il molino denominato La Fiducia . Sempre per il 1889 viene riferito che “il movimento commerciale del porto è maggiore dal 1 Settembre a tutto il mese di Maggio per l’aumento nella esportazione dei prodotti del suolo come olio, vino e agrumi”. Fino alla costituzione delle compagnie portuali avvenuta a partire dal 1929 e dei successivi decreti attuativi del 1930, l’attività del lavoro portuale faceva capo alle c.d. federazioni dei lavoratori del porto. Da un documento apparso su “ L’Avvenire di Milazzo” nell’Aprile del 1919, quindi nei primi mesi dopo la fine della Grande Guerra, sappiamo che i lavoratori portuali federati erano circa 800 con a capo Vincenzo Caragliano. L’enormità del numero non deve trarre in inganno perché si intendevano come federati molte categorie di lavoratori come ad esempio i bottai e gli addetti al trasporto delle merci dalla banchina ai depositi o i conducenti dei carri. La federazione più che altro aveva il compito di “migliorare le condizioni economiche dei propri associati anche attraverso il mutuo soccorso e perfezionamento nei metodi di lavoro”. La costituzione della Compagnia portuale avvenne nel 1930 e nei primi documenti che la riguardano (1932) il ruolo organico risultava composto da 63 scaricatori di cui 52 permanenti e 11 avventizi; a questi si aggiungevano anche 54 stivatori suddivisi tra 44 permanenti e 10 avventizi. Tutta l’attività della Compagnia Portuale Garibaldi era vigilata dall’Ufficio Circondariale marittimo chiamato anche a dirimere e comporre le controversie tariffarie.
Dalle tabelle e dalle tariffe approvate nel 1930 per il movimento delle merci nel porto di Milazzo la paga base per il lavoro a giornata era di 27 lire
Appendice della compagnia era la Società di Mutuo Soccorso “Ordine e Lavoro” che provvedeva alle medicine, al medico e in caso di morte del lavoratore alle spese funerarie. Dalle tabelle e dalle tariffe approvate nel 1930 per il movimento delle merci nel porto di Milazzo sappiamo che la paga base per il lavoro a giornata era di 27 lire e che a richiesta della nave potevano essere forniti guardiani e addetti ai verricelli di bordo. Le previsioni delle tariffe del 1930 offrono uno spaccato sulle attività commerciali del porto: tiraggio e stivaggio di agrumi, carboni minerali e Coke, buncheraggio, imbarco carbone su velieri, cemento in sacchi o barili, cereali, crusca, feccia, ferro, fosfati, grano, legnami, olio al solfuro, pasta alimentare, perfosfati, pietra, pirite, pozzolana, balle di sacchi, sale, salmorati, tartaro, zolfo molito o in pezzi, olio e vino in botti bordolesi sino a 250 Kg. o in fusti di peso superiore. Il declino inesorabile della compagnia portuale e del porto iniziò dopo gli anni 70 e proseguì negli anni successivi. Nel 1993 le due compagnie portuali di Milazzo e Lipari vennero accorpate per decreto: avevano in tutto 25 lavoratori con 9 eccedenze. La fine del glorioso passato era prossima. Rimangono consegnati alla storia della compagnia portuale “G.Garibaldi” i cognomi di decine di famiglie di Milazzo; tra queste quelle che espressero i Consoli della compagnia: Trimboli, Vento, Doddo, Boccanera , Maisano, De Vardo, Caragliano, Dama, Salmeri, Cento.
Pino Privitera
Manca l’ultimo passaggio: quando la cooperativa Garibaldi fu trasformata in società privata
Non fu la cooperativa ad essere trasformata in società privata ma la vecchia compagnia portuale fu scissa in impresa e cooperativa dov’è ancora oggi c’è il presidente ma è sotto il controllo dell’autorità portuale che stanzia l’ima ovvero il mancato avviamento al lavoro .
Ancora si mettono assieme cose di cui il Privitera confonde e fatica a storicizzare. La compagnia portuale Garibaldi nasce con leggi fasciste corporativistiche 1929-30 mentre la Società di Mutuo Soccorso “Ordine e Lavoro” esisteva già da fine 800 come la Società marittima, espressione gente di mare