STAI LEGGENDO MILAZZO 24. L’ultimo riconoscimento è il Premio internazionale Fausto Ricci. Per Francesca Mannino, 28 anni, ex alunna del liceo impallomeni di Milazzo, è solo l’ennesimo passo di una carriera da soprano lirico che dal comune di Gualtieri Sicaminò, l’ha portata a calcare palchi prestigiosi dove si è esibita nelle arie più importanti. A renderla unica non è solo la sua bravura ma anche il suo essere una non vedente. Una diversità che la rende particolare. Da luglio ad agosto 2023 si è esibita nell’ambito del Festival Pucciniano di Torre del Lago nel concerto lirico dedicato a Maria Callas, nel concerto lirico sinfonico dedicato a Enrico Caruso sotto la direzione di Fabio Maestri, in Turandot nel ruolo dell’ancella sotto la direzione di Robert Trevino e con la regia di Daniele Abbado, ne Il tabarro nel ruolo dell’amante sotto la direzione di Michele Gamba e Johannes Erath. Nel corso della sua carriera si è esibita anche all’estero.
Recentemente il soprano si è raccontata a TV7 il magazine di Rai 1. Da piccola, a sei anni, Francesca Mannino ha trovato nell’auto del padre un cd con le opere di Giuseppe Verdi, nella prima traccia cantava Luciano Pavarotti. In quel momento ha deciso di che voleva farlo pure lei. Il suo debutto, infatti, fu la stessa aria, “La donna è mobile” tratta dal “Rigoletto”, nonostante sia cantata principalmente da tenori.Quella dell’artista messinese è una passione che ha superato ogni ostacolo. Da subito, infatti, ci sono state tante delusioni. Anche gli insegnanti cercavano di dissuaderla a intraprendere questa carriera a causa del suo handicap. «Non sappiamo come proporti”, dicevano. Ma il fatto di non vedere non l’ha fermata. Ha intrapreso gli studi di canto lirico al conservatorio A. Corelli di Messina nel 2010 con Ugo Guagliardo. e, nel tempo, collezionato tanti riconoscimenti.
«Da Giovane ho fatto sport estremi,
non mi pongo limiti»
«Mi sono ritrovata più volte in situazioni ambigue, al limite della discriminazione – ha raccontato – provenivo dal mondo della scuola o da ambienti legati alle attività, anche extra scolastiche, dove c’era un’alta sensibilizzazione in tema di disabilità, invece mi sono ritrovata in un ambiente artistico che, apparentemente, doveva essere l’emblema della inclusione che invece aveva troppi pregiudizi. In una produzione mi hanno fatto cantare dietro le quinte».Sul palco c’è anche un problema strutturale. «Soprattutto le regie che adesso di propongono sono molto rocambolesche e dinamiche ma da giovane ho fatto sport estremi come rafting, scalata e non mi pongo limiti. Ma servono dei piccoli accorgimenti e la situazione verrebbe immediatamente normalizzata come l’utilizzo di codici di comunicazione sul palco, materiali più solidi che non cadano al primo urto. Si dovrebbe solo volerlo».
«Quello che ho raggiunto – conclude il soprano – l’ho fatto grazie ai miei genitori, mia sorella e al mio compagno: devo tantissimo a loro».