Il passaggio della Il cometa Tsuchinshan-Atlas ha portato lo scorso 13 ottobre decine di milazzesi lungo la spiaggia di Ponente per ammirare i fenomeno e documentarlo con foto e video. Sui social queste immagini hanno spopolato. Questi fenomeni sono sempre esistiti e Pino Privitera, lo scorso 30 giugno, nella sua rubrica domenicale “Un po’ di storia” aveva citato documenti storici in cui si parlava di questi fenomeni nella storia di Milazzo, Questo il testo:
UN PO’ DI STORIA. Un tempo tutto quello che proveniva dal cielo e che nel cielo si osservava costituiva motivo di preoccupazione. Si riteneva che l’apparizione delle comete precedesse “orribili terremoti e mare che uscendo de’ suoi limiti sommergeva molte città”.
Immaginiamo per un attimo di riportare indietro le lancette dell’orologio e della storia di Milazzo fino all’anno 1742, quello della pubblicazione dell’opera del canonico Antonino Mongitore che “contiene quanto si è osservato di raro nel cielo siciliano”. Uomo di chiesa e storico, da annoverare tra i padri della storiografia siciliana, descrisse “lo sterminato numero delle prerogative della Sicilia e che concorrono a renderla singolare”. Così raccontò le comete: “di tempo in tempo si fan vedere all’apparire come cose insolite e rare, mettono in esercizio gli astronomi e in apprensione i curiosi”.
Una descrizione che sembra ancora attuale, considerata la rarità dei fenomeni che ancora oggi scatenano curiosità e ricerche da parte degli studiosi. Proseguiva il canonico riferendo come alcuni le considerassero “presagio di gravi calamità, morti di re, infortuni, pestilenze, guerre, stragi ed altri gravissimi danni” ma precisava più avanti che “altri però si ridono di questi infausti vaticini e terrori”. Riferisce il Fazello che una cometa apparve in Sicilia mentre Federico III era infermo nel 1336 e presagì la sua morte che avvenne nel 1337. Le meteore venivano indicate come “meraviglie del fuoco in aria” e temendo qualche castigo di fronte alle insolite apparizioni il popolo usciva dalle case e si riversava nelle chiese per pregare e nelle piazze più spaziose delle città.
In genere tutti i fenomeni provenienti dal cielo venivano visti come castigo divino specie tuoni, fulmini, tifoni e tempeste. Nel 1550 e nel 1617 lampi e saette colpirono la stanza delle polveri a Messina con rovina delle fortificazioni e del Castello del Salvatore.
Il 17 Novembre del 1675 – durante una furibonda tempesta – fulmini colpirono Milazzo così forte che “un de’ quali portò via l’asta che tenea inalberata l’insegna del Re Cattolico in quel castello, un altro incenerì la Galea Capitana della squadra di Sardegna ch’era ospite nel porto”.
Due sono i racconti che riguardano Milazzo; il primo dell’anno 1715: “in tempo d’autunno nella città di Milazzo si spiccò dalle nuvole un di questi tifoni che ivi chiaman code di ratto, e abbassatosi in terra, passò per lo mezzo della città bassa, e fuori la porta chiamata di Palermo, schiantò in un orto fin dalle radici due grossissimi alberi di Gelso moro: indi entrò la città, tirò a sé un intero tetto coperto di grosse travi d’un gran magazzino, in cui eran le cantine d’olio e d’un subito lo precipitò in un luogo vicino e schiantò dalle radici un robusto pioppo , che era avanti la porta del magazzino”.
L’altro episodio è del 14 Agosto del 1717: ”mentre l’aria era serena nella notte si commosse un improvviso turbine, s’ammanto il cielo di nuvole, che versarono un diluvio strepitoso di acque, folgori, tuoni e saette. Tre venti Sirocco, Libiccio e Tramontana si videro con orrore furiosamente azzuffati sopra la città per quattro ore e più continue. Era tale lo spesso strepito de tuoni, che non s’era udito il simile; onde era in tutti straordinario lo spavento. S’urtavan con tanta furia le nuvole, che muggiva orrendamente l’aria. Tremavan le case e molte rimasero senza i tetti, onde restando allo scoperto gli abitatori erano oppressi da estrema confusione, per non sapere ove ricorrere. Molti corsero alle chiese per cercare riparo all’anime, giacchè disperavan lo scampo de’ corpi. Ognun credea venuto il giorno del final giudizio e le città e terre vicine stimavan che Milazzo dovesse restar incenerita da’ fulmini e atterrata dall’acque”.