Nove persone, tutte gravemente indiziate per i reati di detenzione e cessione a titolo oneroso di sostanze stupefacenti, nonché per aver costituito due diverse associazioni criminali. Il Commissariato di Polizia di Milazzo – coadiuvati da personale della Squadra Mobile, delle Volanti, della Polizia Scientifica presso la Questura di Messina, del Commissariato P.S. di Barcellona P.G., nonché del Reparto Prevenzione Crimine Sicilia Orientale e unità Cinofile Antidroga della Questura di Reggio Calabria – hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Messina, su richiesta di questa Procura (Direzione Distrettuale Antimafia). La polizia giudiziaria ha anche effettuato perquisizioni domiciliari nei confronti dei destinatari dei provvedimenti.
Le misure cautelari sono state adottate a conclusione di una articolata e complessa attività di indagine, nata presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto e, successivamente, diretta e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica del Tribunale di Messina, competente a trattare le indagini in materia di criminalità organizzata dedita al narco traffico.
Le investigazioni delegate al Commissariato di P.S. di Milazzo hanno svelato l’esistenza e la operatività , dapprima, di un’organizzazione criminale dedita al narco traffico, capace di gestire l’attività di vendita al minuto di sostanze stupefacenti, anche all’interno della Casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto; dove la medesima sostanza veniva fatta illegalmente entrare, occultata in involucri all’interno di pietanze consegnate ad un detenuto, ritenuto al vertice della medesima associazione.
Le indagini consentirebbero, allo stato, di ritenere che l’esecuzione degli ordini impartiti dal detenuto, dall’interno dell’istituto penitenziario, sarebbe stata curata dalla di lui moglie. I due si sarebbero avvalsi di telefonini cellulari, essendo emerso che il detenuto, nonostante lo stato di detenzione, aveva la disponibilità di un cellulare di piccole dimensioni; apparecchio, peraltro, già rinvenuto dagli investigatori e posto in sequestro. In particolare, secondo gli elementi raccolti, la donna avrebbe dato esecuzione, puntualmente, alle direttive del marito, rendicontando i profitti economici; mantenendo un costante ed aggiornato elenco dei crediti concessi; preparando le pietanze imbottite di stupefacente, per la successiva consegna all’interno della Casa circondariale, anche grazie al contributo inconsapevole di ignari corrieri.
La suddetta organizzazione criminale, avvalendosi anche di una base operativa nel comune di Barcellona P.G., avrebbe gestito, contestualmente, una fiorente e remunerativa attività di cessione all’ingrosso di stupefacente in favore di altro gruppo criminale, gerarchicamente strutturato, che gravitava principalmente nel comune di Milazzo e che si era gradualmente sviluppata anche in comuni limitrofi. Anche in questo caso, la Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Messina, è riuscita a documentare, in poco più di sei mesi, numerosi episodi di acquisto all’ingrosso dello stupefacente, che veniva trasportato dal comune di Messina verso la riviera tirrenica e suddiviso tra i pusher del clan per il successivo smercio al dettaglio.
Le attività di indagine si sono avvalse delle intercettazioni, telefoniche ed ambientali; sono stati operati, in maniera apparentemente occasionale, sia arresti di soggetti deputati al trasporto e alla consegna degli ingenti quantitativi di droga, sia sequestri in significative quantità , prima che si potesse alimentare il relativo mercato con i conseguenti illeciti profitti.
Rilevanti sono ritenuti i profitti economici che entrambi i sodalizi criminosi avrebbero maturato nel tempo e che sarebbero stati spesso impiegati per l’acquisto di gioielli o abiti di grandi firme o comunque per consentire ai sodali di mantenere uno stile di vita ampiamente superiore alle loro disponibilità economiche di origine lecita. Gli investigatori hanno, infatti, ricostruito puntualmente numerosi pagamenti di stupefacente che avvenivano sia a mezzo denaro contante sia con versamenti elettronici su diversi conti bancari nella disponibilità dei clan.