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giovedì, 13 Febbraio 2025

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Milazzo, i lavori ai piedi del castello sospesi dalla Soprintendenza. Ritrovati i resti del Cimitero inglese. Questa la sua storia

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STAI LEGGENDO MILAZZO 24. I lavori ai piedi del castello di Milazzo che dovrebbe portare alla luce di un’area di sosta ed un percorso pedonale sono fermi da cinque mesi in quanto l’ufficio tecnico del comune sta ultimando l’iter di una perizia di variante del progetto originario per ovviare alla presenza di reperti archeologici ritrovati all’interno del cantiere. Se l’amministrazione Midili tace di fronte al blocco dell’opera, a parlare è un verbale del 4 ottobre scorso con cui si bloccano i lavori. Alla presenza della ditta che sta realizzando i lavori, la Dasein Spallina Associati srl di Palermo è stato disposto la sospensione dei lavori “ad eccezione delle opere incorso di esecuzione limitatamente al loro completamento”.

La decisione è stata presa a causa del “ritrovamento di evidenza del probabile cimitero inglese” di circa ml 5 x 8“. Di comune accordo è stata concordata di sottoporre alla Soprintendenza la modifica “del percorso pedonale salvaguardando il previsto abbattimento delle barriere architettoniche e isolando l’area individuata”.

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Prima dell’inizio dei lavori le associazioni locali che si occupano di tutela del patrimonio aveva paventato il rischio di realizzare l’opera proprio sopra il cimitero inglese. La di teli bianchi nell’area di cantiere ai piedi della cinta spagnola ne hanno dato la certezza. Si ipotizza la presenza di resti umani e quindi di testimonianze del Cimitero allestito alle soglie dell’Ottocento dalle truppe britanniche presenti a Milazzo ai tempi del cosiddetto decennio inglese.

LA STORIA DEL CIMITERO INGLESE. Grazie alla Società di Storia Patria e al socio Giovanni Lo Presti sono emersi alcuni particolari inediti che testimoniano seppellimenti di militari delle truppe britanniche anche nelle chiese cittadine, tra tutte quella dei Cappuccini, dove furono seppelliti i corpi di giovani soldati del reggimento Dillon, che raccoglieva perlopiù mercenari di diversa nazionalità, anche italiani, dunque in buona parte di religione cattolica. Circostanza che permetteva loro di usufruire di una sepoltura dignitosa all’interno d’una chiesa, a differenza di altri commilitoni di fede protestante, i cui resti finivano inevitabilmente nel “camposanto inglese” che si snodava lungo l’odierna via Trincera.

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A finire al cimitero inglese fu però anche un cattolicissimo ufficiale piemontese di Saluzzo. Accadde il primo aprile 1810. Inquadrato nelle truppe di Sua Maestà britannica, esattamente nel reggimento Watteville, anch’esso formato da mercenari, morì nella Piana in contrada Barone, durante un duello con un altro ufficiale arruolato nei Cacciatori Britannici, accampati al Tono assieme al reggimento Rodi. «La disfida fu con le pistole», avrebbe scritto il sacerdote Michelangelo Lo Miglio in una sua cronachetta coeva recentemente data alle stampe dalla Società Milazzese di Storia Patria. Dell’ufficiale italiano il sacerdote Lo Miglio annotò solo il cognome, Bosco. Aggiunse che lasciò vedova l’aristocratica messinese Veronica Marino, all’ottavo mese di gravidanza. Stava dunque per diventare padre.

I commilitoni, essendo il reggimento Watteville composto in gran parte da cattolici, chiesero all’arciprete di Milazzo, Don Pietro Pellegrino, di seppellire il Bosco nella chiesa di S. Giacomo. La risposta negativa non si fece attendere: l’arciprete sosteneva che «il morto duellante non poteva avere sepoltura in chiesa, per esser una forte censura». Al rifiuto del sacerdote, gli ufficiali del Watteville, che quattro anni prima avevano preso parte alla Battaglia di Maida, dovettero optare per il camposanto inglese che, come scrisse lo stesso Lo Miglio, era situato «dove [era] la trincea, sotto la Matri chiesa, vicino alla Porta del Capo». Ossia sotto al Duomo antico, lungo l’odierno vico Trincera, ma anche lungo l’odierna via Papa Giovanni XXIII, visto che si fa riferimento alla Porta del Capo.

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Ricerche eseguite da chi scrive sfogliando i ruoli matricolari del reggimento Watteville custoditi a Londra (The National Archives) hanno consentito di incamerare qualche informazione in più sul malcapitato ufficiale, che il Lo Miglio si limita ad indicare quale «nativo savoiardo» e che le fonti londinesi indicano, più precisamente, come piemontese di Saluzzo. Dai manoscritti di Londra si apprende inoltre che il Bosco si chiamava Giuseppe e che, dopo essere stato in servizio a Malta nel 1802, si era riarruolato nel Watteville – proprio a Milazzo – il 25 dicembre 1809. Capelli neri ed occhi grigi, aveva una carnagione scura. Non era molto alto, la sua statura ascendeva a 5 piedi e 6 pollici e mezzo, ossia a poco più di un metro e 65 cm.

Ad essere più fortunati del Bosco furono 6 giovani soldati del reggimento Dillon, tutti seppelliti tra agosto ed ottobre 1811 nella chiesa dei Cappuccini. Tra questi, due italiani: il 38enne Giuseppe Marassi ed il genovese Giuseppe Torre, 24 anni. Le fonti dell’archivio parrocchiale consultate da Giovanni Lo Presti testimoniano pure la celebrazione di diversi matrimoni. Il 4 aprile 1809, nella piccola chiesa di Monte Trino a Capo Milazzo, un soldato del reggimento Watteville nato nei territori assoggettati al dominio dell’Imperatore d’Austria si univa in matrimonio con la siciliana Giuseppe De Maria, una donna iblea.

Dai territori imperiali proveniva anche il sergente Nicolaus Gothard, del medesimo reggimento Watteville. Il 14 aprile 1809 sposava nel Duomo antico Rosaria Giller, della “nazione germanica” assoggettata all’Imperatore d’Austria nonché vedova del soldato Giacomo Salserz. Anche Gothard è registrato nei ruoli londinesi del Watteville: si legge che era austriaco, originario di Salisburgo, ovviamente di religione cattolica, alto 5 piedi ed 8 pollici, capelli neri ed occhi azzurri. Venne promosso da caporale a sergente il 25 febbraio 1807.

Tra i matrimoni milazzesi censiti da Lo Presti figura infine quello tra il soldato torinese Giuseppe Maiolo del reggimento Dillon, figlio di Baldassare e Lucia Barra, e Santa Cilona del villaggio messinese di Gesso, a sua volta figlia di Bartolomeo e Caterina Guglielmo. Tra i testimoni delle nozze, celebrate al Duomo antico nell’ottobre 1811, sono annotati Andrea Laceso e Vincenzo Ricotti, entrambi del medesimo reggimento Dillon, cui faceva parte anche Domenico Giacosa, piemontese di Alba, che in quello stesso mese sposava al Duomo antico Carmela Lo Giudice da Taormina, figlia di Giuseppe ed Anna Saitta.

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