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domenica, 8 Settembre 2024

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Milazzo, chiude dopo 60 anni il bar Stella del Mare. Il risiko dei bar: dal Savoia all’Alexander (e non solo)

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Nel fine settimana, dopo ben sessant’anni di onorata attività, chiuderà definitivamente i battenti il bar “Stella del Mare” di via XX Luglio (nei pressi della ex stazione ferroviaria), inaugurato nel lontano 1963. A determinarne la chiusura il peso degli anni – ben 86 – del suo fondatore, il maestro pasticcere Nuccio Nastasi, formatosi alla corte di don Gioacchino Iannello, il “maestro dei maestri” dell’arte pasticcera a Milazzo.

IL RISIKO DEI BAR. Attualmente a Milazzo si sta registrando quello che si potrebbe definire una sorta di “risiko” dei bar. Ha cambiato gestione il bar Nettuno, nel porto, a due passi dal municipio. A gestirlo ora è l’imprenditore Natale Tricamo. Si prospetta anche il cambio di gestione per il bar Alexander di via Vittorio Veneto. A partire da aprile potrebbe riaprire con la gestione di una società che vede protagonista una serie di soci le cui quote sono riconducibili a due imprenditori della ristorazione (con la passione per la politica) e a un noto maestro gelatiere con riconoscimenti nazionali.

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Trattative in corso per un un altro bar “storico” del centro di Milazzo, punto di riferimento per molti cinquantenni, l’idea – se la transazione andrà in porto – è quello di ampliarlo e trasformarne una parte in sushi bar. Da giorni hanno chiuso i battenti il bar Galimi di via Cumbo Borgia (non si sa se per ristrutturazione o meno ) e il bar Savoia, a Piazza XXV Aprile (in questo caso sarebbe in vendita l’immobile).

UN PO’ DI STORIA. Intanto chiude il bar “Stella del Mare”. Ne è passato di tempo da quando il maestro Nastasi, ancora fanciullo, serviva ai tavolini del bar Iannello di via Domenico Piraino, in una Milazzo che ancora recava le cicatrici lasciate dalle bombe del secondo conflitto mondiale. Quanti aneddoti, quante storie da raccontare. Nei ricordi divertiti e nel contempo malinconici del maestro Nastasi scorrono centinaia di figure e di volti. Come quello del commendatore Vaccarino, il noto industriale del sapone: «passava sempre a prendersi un caffè nel dopopranzo. Scendeva dalla lussuosa auto guidata dal suo autista e si rammaricava di non poter gustare le prelibatezze offerte dal mio principale. Le sue condizioni di salute non glielo consentivano. Lui stesso evidenziava ironicamente questo paradosso: “nonostante le cospicue disponibilità finanziarie a mia disposizione non posso permettermi neppure un pasticcino”».

Pian pianino avrebbe iniziato ad impratichirsi nel laboratorio che si affacciava in via Umberto I, nel retro del bar di Don Iachìnu. Come lui, altri giovanotti destinati a diventare apprezzati pasticceri si sarebbero formati nella rinomata dolceria Iannello, tra tutti i compianti Pasqualino Merrina e Ciccio Dama. Proprio sull’uscio del laboratorio di via Umberto I, il padre del giovanissimo Nuccio attese impaziente una vigilia di Natale per poter finalmente riunire la famiglia in occasione del cenone, chiedendo di tanto in tanto al principale se fosse giunta l’ora della chiusura. All’ennesima di queste reiterate domande Don Gioacchino sbottò, esclamando perentoriamente: «Don Emanuele, qui si lavora. La prossima volta, se avete queste esigenze, a vostro figlio non mandatelo a cosaduciàru, mandatelo piuttosto ad imparare il mestiere dello scarpàro!».

Variegata la sua produzione dolciaria, che annovera l’intera gamma di dolci tipici della tradizione pasticcera milazzese. Tra le ricette ereditate dal suo maestro Iannello spicca quella del Sospiro, autentica specialità dell’arte pasticcera milazzese preparata in questi 60 anni per una moltitudine di clienti e da ultimo offerta a Palazzo D’Amico in occasione della presentazione di un libro sui pasticceri, intitolato “Dolci e dolcieri a Milazzo”, in cui ovviamente figura tra i protagonisti: «I sospiri si apprezzano per il morbidissimo pan di Spagna farcito di finissima crema pasticcera e ricoperto di squisita glassa caratterizzata da un delicato aroma di limone. Quelli preparati da me vengono ricoperti dalla consueta ciliegina rossa e da minuscole scaglie di mandorle tinteggiate di colorante vegetale verde, proprio come faceva il mio maestro Iannello».

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