STAI LEGGENDO MILAZZO 24. Pensavo fosse una stella marina e invece era un….vermocane. Se fosse un film il titolo potrebbe ricalcare una celebre commedia di Massimo Troisi (Pensavo fosse amore invece era un calesse) ma – anche se c’è stato il lieto fine – in realtà per il protagonista di questa vicenda c’è stato poco da ridere. Grazie alla diffusione di uno studio dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) da ieri tutta la stampa nazionale parla dell’allarme vermocane per i mari del sud Italia, ed in particolare per quello di Milazzo (LEGGI QUI).
Si tratta di una specie endemica del Mediterraneo e in passato la loro popolazione era sotto controllo, ma con le ondate anomale di caldo degli ultimi due-tre anni i vermocane si sono moltiplicati a dismisura e mangiano di tutto. Capita di trovarli anche fino a riva. E sono estremamente pericolosi per l’uomo.
Ne sa qualcosa Nino Bitto, 78 anni, molto conosciuto per la sua passione per le immersioni, negli anni ’90 ha avuto l’onore di far conoscere i fondali di Milazzo a Folco Quilici, apprezzato documentarista. Sei anni fa, quando questa specie era quasi sconosciuta ai non addetti ai lavori, Bitto si è imbattuto nel mare di levante di Milazzo e ha rischiato la paralisi. Dopo avere letto l’articolo di Milazzo 24 ci ha contattato per raccontarci la sua disavventura.
«Anche se solo oggi si parla al grande pubblico di questa specie, in realtà popola il mare di Milazzo da tempo. Mi sono imbattuto in un vermocane sei anni fa nel mare prospicente all’ex ristorante Salamone, lungo la panoramica di levante. Mi trovavo a circa 50 metri di profondità e sono stato attratto dal suo colore rosso, mi sono avvicinato e siccome ve n’erano una serie di esemplari che uscivano dalla sabbia, quasi creando una stella, ho creduto fosse una particolare stella marina. Quando ne ho toccato uno mi ha punto alla mano sinistra. E’ stato dolorosissimo e sono dovuto ritornare a riva. A quel punto il braccio ha cominciato a formicolare e, dopo mezz’ora, non riuscivo più a muovere le gambe. Grazie al mio amico Donato Calapà ho raggiunto l’ospedale, i medici avevano già bloccato la camera iperbarica temendo l’embolia, per fortuna dopo avere assunto dei farmaci mi sono sentito meglio e l’allarme è rientrato».
Bitto, da giovane “Terzo di coperta” in marina e poi per decenni impiegato comunale a Gualtieri Sicaminò, lancia l’allarme. «Bisogna intervenire subito per bloccarne l’ulteriore diffusione, ormai si trovano pure a riva, vicino gli scogli, a portata di bagnante, senza considerare che anche i pesci vengono colpiti. Ad esempio sono soliti piazzarsi davanti le tane dei polpi, specie che è quasi scomparsa nelle nostre zone».