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sabato, 21 Dicembre 2024

Fondato da Gianfranco Cusumano

Burrasca a Milazzo, la notte dei naufragi

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UN PO’ DI STORIA. Ci sono notti che entrano nella storia di un porto, di una città, di un quartiere di pescatori. Notti di tragedie, di apprensione, di paura di fronte allo scatenarsi degli elementi naturali. Milazzo ne ha vissute molte, ma di una in particolare è rimasta traccia: la notte del 16 Gennaio del 1864, qualche anno  dopo il passaggio di Garibaldi e delle camicie rosse. Protagonista fu il mare in tempesta. Le navi andavano a vela (solo nel 1907 le imbarcazioni a vapore supereranno per tonnellaggio quelle a vela), le manovre in uscita e in entrata dai porti erano difficili  e il servizio di pilotaggio nel porto di Milazzo non era stato creato, lo fu solamente a partire dal 1881.

I capitani  di mare di quei tempi erano uomini coraggiosi, temerari ma esperti ed accorti nello stesso tempo. La perdita della nave era un disonore, bisognava garantire la vita dell’equipaggio e l’integrità del carico. In quella notte tutto fu  reso particolarmente difficile dall’oscurità e dal mare in tempesta con venti di Grecale e Levante impetuosi  che spingevano i due Brik Scooner verso terra. Le due piccole navi da carico, circa 90 tonnellate ciascuna, una lunghezza intorno ai 20-25 metri, armato con due alberi, avevano  8 uomini d’equipaggio per ognuna. Sorpresi dalla burrasca cercarono di rifugiarsi nella rada di Milazzo. Impossibile con quel mare pensare di entrare in porto, nonostante parte del Molo Marullo fosse già  funzionante.  L’unica salvezza poteva essere quella di trovare  il fondale buono per fare “agguantare” le ancora ed evitare di scarrocciare verso la riva. Nonostante le  vele ammainate e i pennoni abbattuti   le onde spingevano in maniera inesorabile gli scafi  verso terra.

Nel 1864 le navi andavano a vela. Solo nel 1907 Le imbarcazioni a vapore supereranno per tonnellaggio quelle a vela

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Per cercare aiuto e richiamare l’attenzione di qualcuno a riva si suonava in quei casi  la campana di bordo, spesso  situazioni analoghe riguardavano anche i  navigli da guerra che ricorrevano all’uso dei cannoni di bordo per cercare aiuto. Allorchè il capitano si rendeva conto che poteva “colare a picco”   lo spiaggiamento  poteva essere il male minore evitando di fracassarsi su pareti rocciose e scogli;  così fu scelto l’arenamento sulle spiagge di levante comprese tra la rocca del Castello e l’imbocco del porto di Milazzo che erano rappresentate come  basse e sabbiose nelle carte nautiche  dell’epoca. Sappiamo dai documenti di quegli anni, i cui dati comunque presentano qualche iincongruità,  che  i due  “arenamenti per forza maggiore” ebbero esiti  diversi: il brik scooner Marietta, iscritto al Circondario marittimo di Ancona, fu in condizione di essere “rimesso alla navigazione” senza perdita di carico; l’altro, il Santa Maria di Porto Salvo, iscritto al Circondario Marittimo di  Napoli, si sfasciò totalmente con parziale perdita del carico.  Per il secondo arenamento, quello del Santa Maria di Porto Salvo  e per l’opera di “cooperazione al salvamento dell’equipaggio” furono concesse medaglie e menzioni.

 

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Vele all’Ancora nel 1922

Ebbero la Medaglia D’Argento al valor di Marina  Santo Piraino, padrone di pesca in Milazzo e Giuseppe Aricò, brigadiere della Dogana di Milazzo. Ebbero le Menzioni Onorevoli  Stefano Lo Presti  fu Gaetano, Giuseppe  Lo Presti  fu Gaetano, Antonino Cambria, Giuseppe Lo Presti fu Antonio, pescatori,  Giuseppe Cutugno  e Antonio Salmeri, guardie doganali, tutti di Milazzo.

Le guardie doganali che potevano essere  di terra e di mare, erano state da poco oggetto di una legge  e dotate di un proprio regolamento opera  del Ministro Quintino Sella (13.5.1862). Tra i loro compiti c’era anche quello di custodire i beni e le mercanzie salvate dal mare e nel caso di evidente imperizia potevano procedere all’immediato arresto del capitano del bastimento.

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Pino Privitera

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