Il Nuovo Circolo del Tennis e della Vela di Milazzo ha vinto la causa che nel 2017 aveva intentato contro l’Assessorato regionale al Territorio ed Ambiente (Demanio marittimo) che ora è stato condannato a restituire al circolo mamertino presieduto da Pino Ragusi circa 50 mila euro di canoni versati in più e indebitamente incassati. La sentenza del Tribunale di Messina del 10 luglio scorso non è stata appellata ed è divenuta esecutiva nelle settimane scorse. L’assessorato è stato condannato a pagare anche le spese legali pari a 3800 euro.
Nel 2017 lo storico sodalizio fu al centro di una diaspora che esplose all’esterno con il sequestro della sede del Circolo di via Francesco Crispi, in Marina Garibaldi, e del campo boe nello specchio d’acqua prospiciente. Veniva contestato il mancato pagamento di canoni arretrati dal 2009 al 2017, pari a 88 mila euro. Il Circolo, ammettendo il debito, contestava l’ammontare della somma richiesta poiché dal 2011 (anno del rinnovo della concessione) chiedeva l’applicazione di un “canone ricognitorio”. Sosteneva di avere diritto alla riduzione del 50% in quanto associazione senza fine di lucro affiliata a diverse federazioni nazionali aderenti al Coni (Tennis, Vela, Canottaggio). L’Assessorato regionale non era dello stesso avviso, ed aveva rigettato la rideterminazione del canone ricognitorio in quanto – a suo giudizio – applicabile solo agli enti pubblici territoriali.
Dopo il sequestro effettuato dalla Capitaneria di Porto di 3000 mq di campo boe e 2910 mq di sede sociale il sodalizio prima si è visto restituire i beni sequestrati a fronte di una rateizzazione della cifra richiesta. Poi si oppose al Tar (che si dichiarò incompetente in materia) e passò la palla al Tribunale ordinario di Messina che nel 2023 ha dato ragione al sodalizio difeso dall’avvocato Nazareno Pergolizzi (motore del ricorso è stata da sempre anche il socio avvocato Salvatore Coppolino, attualmente nel cda) . Ma non solo. Il circolo dal 2018 ha pagato il canone intero e la regione dovrà anche rimborsare le somme indebitamente pagate in più che dovrebbero ammontare a decine di migliaia di euro.