UN PO’ DI STORIA. Narrano gli storici che il tiranno di Siracusa Gerone II inviò in dono ad uno dei Tolomei d’Egitto un grosso quantitativo di tonno salato. Doveva essere una rarità per quei tempi, un dono in grado di garantire alleanze ed evitare guerre. Proveniva probabilmente dalla tonnara di Pachino, tra le più antiche di cui si abbia notizia assieme alle tonnare di Cefalù e Oliveri. Già greci, fenici e cartaginesi si dedicavano alla pesca del tonno in maniera così proficua da raffigurare il tonno in alcune monete. Grandi autori e poeti dell’antichità si sono occupati delle migrazioni dei tonni e della loro cattura da Omero a Erodoto, da Archestrato di Gela a Strabone, da Plinio il vecchio a Plutarco. Anche Polibio, uno dei padri della storiografia romana, si occupò del tonno ed Eschilo ne “I persiani” lo accostò alla sconfitta subita da Serse nella battaglia di Salamina. Anche Bizantini e Arabi erano ben pratici nella pesca del tonno tant’è che molti termini usati in Sicilia per secoli a proposito di tale attività sono di chiara provenienza greca e araba.
Sono passati molti anni dall’ultima mattanza svoltasi nella tonnara del Tono di Milazzo, era il 1963 e vennero catturati 291 tonni. Con la demolizione del baglio di Santa Lucia (sito nella via Tonnara), avvenuta qualche mese addietro, è venuta meno una delle ultime testimonianze delle tonnare anticamente presenti a Milazzo. Erano ben sei quelle posizionate nell’odierno litorale di Milazzo: la “tonnara di Santa Lucia”, la “Tonnara Grande del Porto”, la “Tonnara detta Silipo o di Vaccarella”, quella del “Capo Bianco o Pepe”, quella di “S. Antonio” detta “a tunnaredda”, la “Tonnara del Tono”. Con la chiusura della tonnara del Tono (1963), l’ultima ancora in esercizio, è cessata una delle attività marinare che maggiormente nei secoli avevano influenzato il costume, la vita sociale ed economica di Milazzo. Sono scomparsi gli ultimi testimoni di quel mondo dei tonnaroti, con Rais e vicerais posti alla guida di quel sistema di usanze, gesti, e tradizioni radicate nella storia della città.
Come ha scritto Stefano Lo Presti (Il mare di Milazzo, Ed.Giambra,2018), uno dei pionieri della fotografia subacquea e profondo conoscitore delle tradizioni marinare di Milazzo, “…quel mondo ormai è finito, i tempi sono cambiati e con il benessere è cambiata la cultura, il modo di vivere e di vedere il mare”. Sono rare le testimonianze di epoca normanna sull’esistenza delle tonnare, ma una, quella del geografo Edrisi, risalente all’incirca al 1150, riguarda proprio Milazzo; così Edrisi: “…paese de’ più belli, de’ più eleganti, …di que’ che somigliano alle maggiori metropoli … e pei diletti e i comodi della vita …e con parecchie pescherie del tonno grande…” .
Con i Normanni le tonnare, così come la saline, divennero oggetto di concessione feudale temporanea o perpetua da parte della Corona e beneficiari furono le famiglie aristocratiche e i patrizi dei centri urbani. Il tonno sotto sale iniziò ad essere esportato, serviva per gli equipaggi delle navi e poteva essere consumato anche d’inverno. Milazzo, il cui porto con Decreto del Re Federico II del 1240 ospitava uno dei primi depositi di sale, divenne uno dei principali centri per la salagione del pesce e per il suo commercio.
Le tonnare, specialmente a Milazzo erano centri propulsori dell’economia; esistevano stabilimenti a terra per la salagione e per la cura del salato. Davano lavoro a maestri d’ascia e calafati, a cordai, a bordonari e mulattieri, a bottai, a ferrai che realizzavano chiodi, perni e ancore, a trafficanti e padroni di mare isolani, specie strombolani, che trasportavano l’erba spaccamani o spartea prelevata alla Marina di Camerota e utilizzata per realizzare i libbani e le altre corde necessarie per le reti delle tonnare e per il loro ancoraggio. Lunghe “retine d’asini e muli” facevano la fila per il carico dei barili del salato nei magazzini delle tonnare e per il successivo trasporto verso i paesi dell’interno.
Secondo uno studio della dottoressa Mariella Meo la prima lavorazione del tonno sott’olio a Milazzo venne avviata nel 1890, seguendo le orme già tracciate dai Florio. Sappiamo da alcuni documenti che i Florio non furono i soli, anzi pare che il vero precursore del passaggio dal salato all’olio sia stato proprio quel Giuseppe De Col che operava a Milazzo nei primi decenni dopo l’unità d’Italia (Cfr articolo dell’8.9.2024). I Florio che pur avevano iniziato l’attività della pesca del tonno nel 1842 con l’affitto delle tonnare di Favignana e Formica, sebbene invitati dai proprietari (Pallavicino) a proseguire nella gestione, si ritirarono nel 1859. Ripresero nel 1874 con l’acquisto delle stesse tonnare che i proprietari nel frattempo avevano deciso di vendere.
Di certo i Florio al contrario di De Col non figurano tra gli industriali presenti alla Esposizione Universale di Parigi del 1878. Nella successiva tenutasi a Berlino nell’Aprile del 1880 i Florio, erano presenti con le scatole di tonno sott’olio (scabecio delle tonnare di Favignana e Formica) e con quelle di uova di tonno. De Col & C. era presente con ben 12 diverse tipologie di prodotti. Si andava dalle Alici all’olio in boccette di vetro in tre diverse confezioni (intera £ 2, mezza £ 1,25 e quarta £ 0,60), alle Alici senza spine all’olio, alla salsa d’Alici e capperi. Il tonno sott’olio venne presentato in scatole di latta da Kg.0,500 a £ 1,40, da Kg.1 a £ 2,40, la ventresca di Tonno all’olio in scatola da Kg. 0,500 costava £ 1,60. Poi sempre sott’olio De Col giunse ad esibire anche il Pesce Spada, il Pesce Biso, il Palamito, le Sardine, l’Alalunga e il Lattume di Tonno. De Col che, come riferito dalla stampa dell’epoca, era probabilmente per qualità e diversificazione il produttore più famoso della Sicilia portò a Berlino anche i Salmorati in barile: Alici, in barili da 100 Kg a £ 159, Sarde sempre in barili da 100 Kg. a £ 80, Surra di Tonno o Ventresca sottile a £ 100 per finire con il pesce Biso sempre in barili da 100 Kg. al prezzo di £ 100.
De Col morì nel terremoto di Messina del 1908 e nel volgere di qualche anno l’attività cessò. I Florio, celebrati dalla storia, si dedicarono a molteplici attività (fonderia, ceramiche, attività vinicole, produzione di mobili, grande e piccolo cabotaggio,) con alterne fortune ma lasciando segni tangibili della loro presenza realizzando prestigiosi edifici, incidendo nel costume e nella moda. Spesso la storia indugia e celebra alcuni più di altri. De Col il garibaldino trapiantato a Milazzo appartiene alla storia di questa città e merita di essere ricordato per le sue intuizioni di imprenditore. Capacità che in tempi difficili lo posero all’avanguardia nel settore delle conserve alimentari e di quella del pesce in particolare.
Pino Privitera
Molto interessante.
Grazie, dottor Privitera per la citazione ma mi chiamo Mariella ;)).
Leggo sempre i suoi articoli, molto interessanti.