Si è svolta a palazzo D’Amico la manifestazione dell’anno 2024 per l’Associazione “Città Invisibili” con la consegna del premio “Cittadino Semplice”.
Ad introdurre i lavori Alessio Pracanica, vice presidente dell’Associazione- che ha riferito sulla nascita storica di “Cittadino Semplice”, giunto alla sua 4^ edizione e preceduto dalla consegna del premio a Danilo Dolci, Gino Strada e Don Luigi Ciotti. In un corposa documentazione l’Associazione ha distribuito un elenco delle vittime innocenti delle mafie nell’Italia repubblicana (1.300 dal ’46 in poi estratto dall’archivio Libera). Spiegando che, nella difficoltà della scelta, si è optato per una premiazione simbolica che avrebbe ricevuto Luisa Impastato –presidente di “Casa memoria Peppino e Felicia Impastato-, nipote di Peppino Impastato, vittima della mafia.
A riferire su un episodio di mafia Donatella Aloisi, figlia di Ignazio, che nel 1991 ha denunciato un esponente della cosca mafiosa di Messina, in relazione ad un assalto ad un furgone portavalori, che l’aveva minacciato di morte all’uscita dal carcere, ed ha effettuato l’esecuzione.
A seguire la consegna del premio a Luisa Impastato, che le imponeva –come ha detto- “grossa responsabilità” procedendo con l’accenno alla vicenda dello zio, da considerare “punto di riferimento nella storia di mafia” e condizionante la sua vita e le sue scelte, con l’orgoglio trasmessole dalla nonna. Il premio da condividere con chi è impegnato nella lotta alla mafia, facendo leva anche sulla cultura come strumento imprescindibile nel combatterla. E se esiste la mafia –ha sostenuto Pracanica- è perché c’è la cultura della mafiosità, per cui non è da pensare che possa essere sconfitta solo col prezioso e imponente impegno delle forze dell’ordine, ma ritenendo determinante la cultura.
Attenzionato dalla mafia il calabrese Enzo Infantino, impegnato a lottare per i diritti che ha riferito della diffusa illegalità in quell’area che ha condizionato la vita dei cittadini, dove la lotta per diritti e legalità può portare a liberare le coscienze da condizionamenti mafiosi. Questa, a suo avviso, la scelta giusta per ottenere i risultati sperati e per non allungare l’elenco dei morti per mani mafiosa, nonostante il persistere di sacche di resistenza. Situazione lontana da un presente dove lottando la ndrangheta si registrano –tra gli altri- fenomeni minacciosi al punto che Gaetano Saffioti, imprenditore di Palmi, he denunciando il pizzo è stato costretto a proseguire la sua attività all’estero, vivendo sotto scorta e non è mancato anche un accenno al Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Attilio Nostro.
L’intervento di Maria Teresa Collica, docente di diritto penale Unime- ha dato un utile supporto al dibattito osservando e valutando il fenomeno mafioso sotto l’aspetto legale, individuando e puntualizzando pure gli strumenti per combatterlo. La stessa ha parlato dell’azione della mafia che si svolge attraverso metodi corruttivi, per cui il contrasto è più difficile perché al mafioso servono gli altri e agli altri servono i mafiosi. Pertanto, non basta solo la misura repressiva, ma bisogna insistere con una politica sociale e potenziare pure l’azione culturale. Nelle conclusione di Giovanni Impastato –fratello di Peppino- l’amarezza per quante vittime di mafia non hanno avuto giustizia, per interferenze e coperture, discutibili testimonianze e false collaborazioni, anche di persone che a livello istituzionale hanno avuto un ruolo determinante in alcuni episodi mafiosi. “Una vergogna –ha dichiarato- i tanti depistaggi portati avanti da soggetti facenti parte delle istituzioni delle quali dovevano essere invece servitori e impegnati pertanto nel farle rispettare”, che l’hanno portato a sostenere che “la mafia non si può sconfiggere perché è nello Stato e nelle sue istituzioni”.