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giovedì, 17 Ottobre 2024

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Il primo sciopero dei lavoratori a Milazzo? Risale al Medioevo. Le sollevazioni di “jornateri e carrari”

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UN PO’DI STORIA. La storia di Milazzo, specie quella recente (XX secolo), è stata caratterizzata  da  battaglie  portate avanti da diverse categorie di lavoratori per ottenere aumenti salariali, per migliorare le condizioni di lavoro, per il riconoscimento dei  diritti che si conquistavano gradualmente con l’evoluzione sociale ed economica. Abbiamo memoria delle prime rivendicazioni salariali riguardanti i lavoratori dell’industria molitoria fiorente a Milazzo alla fine dell’800, degli scioperi alla Montecatini nei primi decenni del ‘900. Scaricatori di merci, portuali, operai delle prime industrie e poi  gelsominaie, braccianti agricoli a turno incrociarono le braccia per ottenere condizioni economiche  più dignitose.

In realtà i primi tentativi di reclamare l’aumento della paga giornaliera risalgono ad alcuni secoli addietro. Lo sviluppo economico di Milazzo a partire dall’epoca normanna ebbe come fulcro il porto e le produzioni agricole della piana. Già nel 1240 i porti di Milazzo e Augusta erano tra i più importanti del regno per l’esportazione delle derrate alimentari  e del pesce salato. In epoca federiciana nei porti autorizzati del Regno e tra questi quello di Milazzo era stata prevista la creazione dei fondachi di stato (cfr. Decameron, Boccaccio,  ottavo giorno, decima novella) dove le merci venivano scaricate e “serralo con la chiave per lo comune o per lo signor della terra”.  

Considerata la vocazione del territorio dell’agro di Milazzo possiamo dare per scontata la presenza dei consoli  per le categorie  di “urtulani, burdunari, vigneri” le cui tariffe di paga venivano fissate dai giurati

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Nacque in tale epoca (1239-1240)  la figura del portolano, responsabile dei carichi che venivano depositati nel fondaco,  preposto alla  verifica dei prezzi, obbligato a prendere nota dei pagamenti ricevuti.  La Sicilia della fine del XV secolo vide la rapida nascita delle prime organizzazioni delle “arti e dei mestieri”; in varie città siciliane vennero designati i primi “consoli”  rappresentativi degli “artixani, zappaturi et jornatari, custureri e curviseri” (questi ultimi due sarti e calzolai da V.Mortillaro,Nuovo Disionario Siciliano-Italiano, Palermo, 1853). Nei primi decenni del 1500, al pari delle  più importanti città della Sicilia, possiamo affermare che anche a Milazzo i  “lavoranti, delle arti e dei mestieri” eleggevano i consoli come propri rappresentanti presso le istituzioni cittadine (Giurati, Capitano di Giustizia, Castellano).  Considerata la vocazione del territorio dell’agro di Milazzo possiamo dare per scontata la presenza dei consoli  per le categorie  di “urtulani, burdunari, vigneri” le cui tariffe di paga venivano  fissate dai giurati.

a Milazzo nel 1511 il contrasto tra giurati e lavoratori portò al primo sciopero.

A Messina nel 1520 secondo lo storico  Carmelo Trasselli era già  operante  il “Consolato della Seta” rappresentativo dei lavoranti preposti alla tessitura di seta e velluto. Riferisce sempre lo stesso  Trasselli che a Milazzo nel 1511 il contrasto tra giurati e lavoratori portò al primo sciopero. Non si trattò di una rivolta  popolare  come quella che “avvampò” la Firenze nell’estate del 1378, passata  alla storia come  “tumulto dei Ciompi” ovvero dei salariati addetti alla lavorazione della lana.  Il documento citato dal Trasselli  è conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo (Conservatoria, 23 Agosto 1511):  alcuni“ Jornateri, carrari … si hanno appartato e cotidie si appartano di loru salarii” e domandano di più del consueto “ligandosi infra loru in una voluntati fachendosi loro capo per tirannizzari et gravari” gli abitanti. I giurati chiedono dì poter stabilire le tariffe dei lavori secondo le consuetudini e i “tempi cuncurrenti” senza aggravare alcuno.

Milazzo nel censimento del 1548 registrò 971 “fuochi” che secondo i parametri del tempo corrispondevano a circa 4.800 abitanti per tutto l’agro di Melazzo

Si tratta, come affermato dallo stesso autore, di documenti di difficile interpretazione. I contrasti sui salari  interessarono in quegli anni  buona parte della città siciliane probabilmente per l’aumento dei prezzi causato dalla siccità che aveva colpito l’isola. Certamente il lavoro dei salariati a giornata nel  primo decennio del 1500  era reso in una condizione di avvilimento che rasentava la schiavitù. La  giornata di lavoro  iniziava con il canto del gallo e  si concludeva “quannu lu suli pigghia la calata, tannu lu jurnateri finisci la jurnata”. Milazzo nel censimento del 1548 registrò 971 “fuochi” (S.Correnti “La Sicilia del Seicento”)  che secondo i parametri del tempo corrispondevano a circa 4.800 abitanti per tutto l’agro di Melazzo.

LO sciopero interesso’ principalmente “jornateri” e “carrari

Si trattò di una astensione dal lavoro “si hanno appartato e cotidie si appartano di loru salarii” (appartarsi in siciliano sta per mettersi da parte, separarsi) che comportò la perdita del salario. Un’analisi dei termini utilizzati nel documento  “jornateri, carrari”  se da un lato sembra limitare a due sole le categorie di lavoratori interessati all’astensione dal lavoro in realtà ne ricomprende un numero elevato; con  il primo termine  “jornateri” ancora alla fine dell’800 ma anche nei primi decenni del 1900 si individuavano tutti coloro che lavoravano a giornata in base alle esigenze del padrone, con l’altro “carrari” si indicavano tutti coloro che possedevano un carro o  che in ogni caso traevano lavoro e sostentamento dal trasporto di oggetti da un luogo all’altro (“carriari” V. Mortillaro, cfr., Palermo 1853).  Erano pertanto da includere tutti coloro che trasportavano granaglie e derrate alimentari dalla piana al porto che durante i secoli XIV e XV costituì  un terminale per l’esportazione verso la Catalogna; la stessa Messina  come affermato dallo storico Enrico Pispisa venne salvata più volte nei periodi di carestia dal grano  proveniente da Milazzo.  Nulla si sa a proposito dell’esito della contrapposizione ma rimane il fatto che in un’epoca nella quale il lavoro era reso in condizione servile e di assoluta sottoposizione alla volontà altrui  vi furono manifestazioni di “populu sullivatu”.

Pino Privitera

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